Monday, May 29, 2006
Saturday, May 06, 2006
Wednesday, May 03, 2006
Ma chi è costui?
Il titolo del post riassume il commento che verrebbe spontaneo a chi non si occupa di Clima e di problemi correlati.
Lo scrivente è stato nominato il 9 Settembre 2005 e il 7 di Aprile del 2006 revisore ufficiale della pubblicazione più importante per quanto riguarda la Climatologia e cioè il Rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change ricordato sempre con l'acronimo IPCC con lettera firmata dai due co-presidenti Susan Salomon (USA) e Qin Dahe (Cina) del Gruppo di Lavoro 1°.
In tale documento vengono riassunte le tematiche più importanti che riguardano i cambiamenti climatici.
Le due nomine fanno riferimento alla 1^ revisione e all'ultima revisione del documento rispettivamente.
Il Rapporto in questione vedrà la luce nel 2007.
Chi scrive è stato nominato inoltre, all'interno del Servizio Meteorologico Italiano, punto di contatto per i Sistemi di Osservazione Globali Climatici (GCOS) ed ha redatto il Rapporto sulle osservazioni climatiche effettuate in Italia.
Lo scrivente è stato nominato il 9 Settembre 2005 e il 7 di Aprile del 2006 revisore ufficiale della pubblicazione più importante per quanto riguarda la Climatologia e cioè il Rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change ricordato sempre con l'acronimo IPCC con lettera firmata dai due co-presidenti Susan Salomon (USA) e Qin Dahe (Cina) del Gruppo di Lavoro 1°.
In tale documento vengono riassunte le tematiche più importanti che riguardano i cambiamenti climatici.
Le due nomine fanno riferimento alla 1^ revisione e all'ultima revisione del documento rispettivamente.
Il Rapporto in questione vedrà la luce nel 2007.
Chi scrive è stato nominato inoltre, all'interno del Servizio Meteorologico Italiano, punto di contatto per i Sistemi di Osservazione Globali Climatici (GCOS) ed ha redatto il Rapporto sulle osservazioni climatiche effettuate in Italia.
Tuesday, May 02, 2006
Andamento mensile della concentrazione di CO2 atmosferica a M. Cimone - Tiziano Colombo - Servizio Meteorologico Italiano
Sommario
In questo lavoro si cerca di mostrare l’attività finora svolta dal Servizio Meteorologico Italiano (S.M.I.) nella misura e nello studio dell’anidride carbonica atmosferica. Questa organizzazione infatti è stata la prima ad iniziare la misura di questo importante parametro atmosferico in Europa, a Monte Cimone, e attualmente mette a disposizione della comunità scientifica le proprie conoscenze nell’ambito prettamente tecnico della misura e nell’interpretazione dei dati raccolti. Nel 2001 il Servizio Meteorologico ha partecipato anche all’apertura del laboratorio di misura di Baia Terra Nova in Antartide.
Abstract
This work intends to point out the activity carried out until now by Italian Meteorological Service (I.M.S.) in the CO2 measurement and in the scientific interpretation of the data. I.M.S. was the first organization in Europe, at Mount Cimone, to collect data of this important atmospheric parameter and today it offers his know-how to scientific community both technically and scientifically. During 2001-2002 Antarctic campaign U.G.M. participated in the opening of the CO2 measuring laboratory at Baia Terra Nova in Antarctica.
Introduzione
L’importanza della misura dell’anidride carbonica atmosferica sta nel fatto che questo gas, presente in piccole concentrazioni in atmosfera viene considerato uno dei più importanti, dopo il vapore acqueo, nella regolazione e controllo degli scambi radiativi nel sistema climatico e tuttavia fino alla metà degli anni ottanta esistevano meno di dieci punti di misura nel mondo che tenevano sotto controllo questo importante parametro. Anche il Servizio Meteorologico è stato fra i primi ad attrezzare un sito di misura in continuo assicurandosi così uno dei record più lunghi nel mondo e il più lungo d’Europa.
Lo studio dell’anidride carbonica atmosferica misurata presso Monte Cimone dal S.M.I. ha dato luogo a diversi articoli su riviste italiane e straniere (1, 2). La misura iniziò nel gennaio del 1979, ma solo nel marzo le concentrazioni ottenute si mostrarono in accordo con altre misure effettuate nel mondo. La motivazione di misurare la CO2 atmosferica è legata alla capacità che ha tale gas di assorbire la radiazione infrarossa riemessa dalla superficie terrestre dopo essere stata investita dalla radiazione solare e di produrre quell’effetto che viene chiamato “serra”. Infatti parte della radiazione infrarossa emessa dalla terra, riassorbita dalla troposfera arricchita di CO2, viene riemessa anche verso il suolo determinando una reazione positiva che ha come risultato finale quello di aumentare la temperatura della troposfera stessa.
La tecnica di misura in breve
La concentrazione di questo gas viene misurata in parti per milione (ppm) che in parole povere rappresenta il numero di centimetri cubi contenuti in un metro cubo d’aria da parte dello stesso gas.
La difficoltà della misura di questo gas è legata alla facilità di essere soggetta a contaminazione perché il prodotto di ogni combustione e l’aria espirata dai nostri polmoni contiene una notevole quantità di anidride carbonica (4.6% (3)) e, dato che la concentrazione in atmosfera è abbastanza piccola (360-380 ppm o 0.03%), è facile che sorgenti di tale gas elevino la concentrazione al di sopra di quella atmosferica; il problema dell’inquinamento della misura di un gas è infatti presente in modo inversamente proporzionale alla concentrazione che lo stesso gas ha in atmosfera. Pertanto siccome l’aria deve essere aspirata dall’esterno e fatta fluire attraverso un analizzatore di CO2, la depressione generata nel tubicino collegato alla presa d’aria può richiamare aria dall’ambiente nel quale è posta la pompa; se nello stesso ambiente (per esempio un laboratorio) ci sono delle persone e la connessione di ingresso della pompa presenta una falla, ecco che siamo in presenza di un inquinamento della misura. Ecco perché normalmente si utilizza un tubicino molto lungo e privo di giunzioni dalla pompa alla presa d’aria, proprio per evitare che il numero di punti, in cui la depressione può creare un richiamo d’aria contaminata, sia il più basso possibile, la migliore situazione naturalmente si ottiene quando il punto da controllare è uno solo.
Lo stesso ambiente esterno dal quale viene prelevata l’aria da misurare deve essere privo di sorgenti di tale gas, ecco perché la misura di solito avviene sulla cima di montagne isolate in cui sia minima l’influenza dell’uomo o delle piante; un esempio è la misura della CO2 a Mauna Loa, primo sito ormai storico (la misura vi è iniziata nel 1958) per la misura dove la presenza di un vulcano attivo, che annovera tale gas fra le sue emissioni, ha consigliato di eliminare le misure quando la direzione del vento trasporta l’aria dalle bocche vulcaniche verso il sito di misura.
L’analizzatore di anidride carbonica (4) è un apparecchio normalmente dotato di due celle in cui fluiscono rispettivamente una miscela sintetica di aria con una concentrazione nota di CO2 e un ‘fondo’ costituito da un’altra miscela sintetica d’aria e anidride carbonica. Nella prima cella, quando si effettua la misura vera e propria dell’aria esterna, viene fatta fluire l’aria aspirata dalla pompa e il confronto (la misura si basa proprio su di esso) con due concentrazioni note di anidride carbonica, scelte appositamente più alta e più bassa del contenuto atmosferico medio, permette di ottenere il valore di tale concentrazione in atmosfera.
Un altro problema legato alla misura di tale gas è rappresentato dalla concentrazione variabile del vapor d’acqua in atmosfera. Il vapor d’acqua è infatti il gas (allo stato aeriforme) che produce il più intenso effetto serra essendo quello che ha la più elevata concentrazione variabile nel range 400 - 40000 ppm. Se consideriamo infatti quel famoso metro cubo d’aria, di cui la CO2 occupa 360-380 centrimetri cubici, la concentrazione variabile del vapor d’acqua può produrre delle variazioni inversamente proporzionali nella concentrazione del gas che stiamo esaminando che determinerebbero una indeterminazione sulla concentrazione indipendente dal contenuto effettivo. Per la legge di Dalton infatti la somma delle pressioni parziali di una miscela di gas, l’aria, la somma delle pressioni parziali deve essere pari alla pressione atmosferica, quindi se una di esse aumenta, l’altra diminuisce. Si consideri il fatto che abitualmente vengono confrontate misure ottenute vicino all’equatore, per esempio Mauna Loa, dove si ha un elevato contenuto di vapor d’acqua, con misure eseguite al Polo Sud dove il contenuto di vapor d’acqua è quasi nullo. Tutto ciò ha indotto ad effettuare l’analisi della CO2 atmosferica solo dopo averne tolto quasi tutto il vapor d’acqua ovvero dopo averne lasciato una quantità tale che produce sulla misura un errore ammesso pari a 0.1 ppm.
Interessante è anche notare perché si tende ad ammettere un errore pari a quello menzionato: il trend prodotto sulla concentrazione dall’attività umana è attualmente, ipotizzandolo lineare in prima approssimazione, pari a 1.6 ppm per anno pertanto per discriminare le variazioni del primo decimale è sufficiente considerare ammissibile l’errore di 0.1 ppm sulla misura.
Esiste anche un sistema di controllo internazionale della bontà dei dati prodotti nel mondo e soprattutto della capacità strumentale di ogni singola stazione di misura. Un set di tre bombole riempite con una concentrazione sintetica ignota di CO2 in aria viene spedita ai laboratori che intendono partecipare alla comparazione; i singoli osservatori devono misurare la concentrazione di anidride carbonica presente nelle bombole e trasmettono alla NOAA le loro rilevazioni; le bombole sono poi spedite al laboratorio più vicino per completare il tour. Alla fine del giro la NOAA pubblica i risultati del test di confronto che risulta essere un vero e proprio esame col quale si certificano in qualche modo le misure prodotte dalla stazione stessa. Il Cimone si è sempre classificato fra i primi laboratori per la correttezza dell’analisi effettuata.
Andamento stagionale
La consacrazione del valore della CO2 misurata a M. Cimone avvenne nel convegno svoltosi a Kandersteg (5) in Svizzera nel 1985 al quale lo scrivente partecipò insieme al Dr. Luigi Ciattaglia, l’iniziatore della misura in Italia. Bastò un’occhiata a Charles D. Keeling, a cui si deve la prima misura moderna nel mondo, a Mauna Loa, nelle Hawaii, per riconoscere le misure di M.Cimone tipiche del ‘fondo’ atmosferico, cioè il valore minimo che può assumere la CO2 in atmosfera.
L’andamento della CO2 (fig. 1a) presenta un’oscillazione stagionale con un minimo alla fine della stagione vegetativa ed un massimo all’inizio della stagione vegetativa; infatti non bisogna dimenticare che l’anidride carbonica viene metabolizzata dalle piante per costituire tessuti vegetali durante la fotosintesi clorofilliana, processo durante il quale le piante sono in grado di trasformare l’anidride carbonica atmosferica e l’acqua assorbita dalle radici.
Ecco perché bisogna evitare di porre un punto di misura all’interno della vegetazione d’alto fusto: l’oscillazione diurna può raggiungere infatti l’ampiezza di 100 ppm che rende difficile la discriminazione del segnale dell’anidride carbonica naturale. Al termine della stagione vegetativa prevalgono invece le emissioni da parte del suolo costituite da CO2 prodotta da microorganismi presenti nel suolo che decompongono la sostanza organica (humus) particolarmente con temperature al di sopra di una determinata soglia e in presenza di precipitazioni (6); questo meccanismo produce l’intenso picco notturno di anidride carbonica nelle zone forestate. Durante il giorno invece ha luogo l’attività vegetativa e l’anidride carbonica viene assorbita dalle piante d’alto fusto attraverso le foglie.
Quando la stagione diventa particolarmente fredda e addirittura il suolo viene ricoperto di neve o ghiaccio, le emissioni del suolo rallentano o addirittura si fermano e questo fatto produce nella rappresentazione grafica dell’andamento oscillante stagionale una piccola gobba (flesso) che contraddistingue un sito in cui si misura il ‘fondo’ e che ad un esperto fa riconoscere a colpo d’occhio misure prive di influenze antropogeniche dirette. All’inizio della primavera quindi, quando l’aumento della temperatura nei bassi strati favorisce i primi assorbimenti di CO da parte delle piante, si verifica una nuova diminuzione della concentrazione e il ciclo ricomincia.
Un sito di misura con larga rappresentatività spaziale è quello in cui si manifestano delle concentrazioni che sono influenzate da fenomeni che avvengono a centinaia o migliaia di chilometri di distanza; per esempio in marzo – aprile la concentrazione di Monte Cimone inizia a diminuire nonostante sia ancora presente la neve per almeno altri due mesi: viene misurata la concentrazione di CO2 che è stata parzialmente assorbita in pianura dall’attività delle piante.
Il ciclo stagionale è particolarmente ampio (circa 15 ppm) alle alte latitudini dell’emisfero settentrionale grazie alla notevole estensione dei continenti e quindi alla grande quantità di vegetazione ospitata, diminuendo la latitudine invece l’estensione delle terre emerse diminuisce e così pure l’oscillazione stagionale fino ad un minimo all’equatore e ad un’inversione di fase nell’emisfero australe; procedendo verso il Continente Antartico l’oscillazione si azzera arrivando al continente Antartico.
E’ interessante considerare anche studiare l’andamento della concentrazione con la quota; le variazioni indotte dalla biosfera nei bassi strati si propagano all’interno dello strato di rimescolamento; stazioni di misura poste al limite superiore di tale strato sperimentano condizioni tipiche dell’alta troposfera durante la notte, a causa della subsidenza (in presenza di condizioni anticicloniche, o di bel tempo), e dei bassi strati vegetati, soggetti a riduzioni della concentrazione, a causa dell’attività vegetativa delle piante, di giorno.
Nell’alta troposfera – bassa stratosfera si verificano normalmente concentrazioni che sono sfasate di circa sei mesi e con variazioni molto più ridotte rispetto a quelle della bassa troposfera; alla quota del Cimone si misurano pertanto delle concentrazioni abbastanza stabili e relativamente elevate, nella stagione calda, dopo il tramonto del sole a causa delle correnti discendenti (brezza proveniente dal monte) e concentrazioni più basse nelle ore diurne perché la brezza di valle fa salire aria alla quale è stata sottratta CO2 dalle piante. Alla quota del Cimone però l’oscillazione diurna ha un’ampiezza ridotta dell’ordine di una decina di ppm e, con appropriate eliminazioni dei dati centrali della giornata affetti da contaminazioni prodotte dalle piante, si può ottenere la variazione dell’anidride carbonica atmosferica modificata solo da fenomeni di trasporto a lunga distanza (scala continentale).
Durante il periodo freddo invece (ottobre – maggio) le concentrazioni esprimono di più le condizioni della libera troposfera e scompare l’oscillazione diurna.
E’ interessante notare come le concentrazioni dipendano molto dalla zona di provenienza in funzione della stagione: al Cimone si verificano spesso ( circa 20 volte in un anno) dei trasporti dal Sahara il cui tracciante è la sabbia che viene campionata tramite filtri; la correlazione con la concentrazione di CO2 mostra la presenza di un gradiente meridiano disposto nella direzione Sud Ovest – Nord Est con un andamento tipico in funzione della stagione (7, 8). Durante la stagione calda si verificano concentrazioni relativamente elevate con provenienza dall’Africa perché la subsidenza presente ai tropici porta nei bassi strati aria di origine dell’alta troposfera che nella stagione calda ha una elevata concentrazione di CO2. Durante la stagione fredda nel deserto non ci sono emissioni di anidride carbonica perché non ci sono grandi quantità di sostanze organiche nel suolo quindi la concentrazione tende ad essere indisturbata ed ha una variabilità prodotta solo da fenomeni di trasporto.
La stratificazione atmosferica dell’anidride carbonica si può osservare durante i fenomeni di intrusione stratosferica che si osservano talvolta in montagna correlati ad un’intensa concentrazione di O3 troposferico ed una elevata attività del 7Be, unitamente ad umidità relative del 10-30%. (9)
Trend secolare
Sovrapposto all’oscillazione stagionale è presente il contributo dell’attività umana che inietta in atmosfera una quantità dell’ordine di circa 6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica di cui circa la metà viene assorbita dal mare in cui questa viene trasformata in carbonati che si depositano sul fondo del mare; quindi la rappresentazione grafica delle misure di concentrazione assume la forma di un’oscillazione più un trend lineare in crescita pari a 1.6 ppm/anno.
Il trend lineare è comunque una prima approssimazione in quanto fenomeni a scala globale possono far variare tale andamento fra -0.1 ppm/anno e 3.0 ppm/anno (vedi fig. 1b): rispettivamente dopo l’eruzione del vulcano Pinatubo del giugno 1991 e dopo l’intenso fenomeno El Nino del 1997-‘98 (10).
Fino alla metà degli anni ’80 il numero di stazioni che effettuavano un monitoraggio continuo della concentrazione di anidride carbonica erano meno di dieci nel mondo.
Anche una sola era infatti sufficiente a mostrare il trend lineare che era pari a 1.5 ppm/anno dovunque. Successivamente si è capito che alcune aree del globo potevano più di altre essere considerate pozzi (zone di assorbimento) o sorgenti di CO2 per cui è nato il progetto Globalview volto ad effettuare una elaborazione di dati osservativi di qualità per individuare geograficamente tali aree. L’esigenza di un tale studio è nato soprattutto successivamente al fenomeno di assorbimento/mancato rilascio da parte della biosfera a seguito dell’eruzione del Pinatubo (giugno 1991) che produsse variazioni molto sensibili nei trend istantanei di diverse località in particolare nell’area Atlantica. Basti pensare che gli effetti dell’eruzione del Pinatubo si manifestarono come un trend annuo istantaneo negativo che non si era mai manifestato da quando veniva misurata l’anidride carbonica atmosferica. La riduzione della concentrazione fu attribuita all’influenza della nube delle polveri vulcaniche che ridussero la temperatura superficiale e determinarono una minore immissione di CO2 in atmosfera.
I fenomeni ENSO negativi (El Nino) invece sono normalmente seguiti, ad alcuni mesi di distanza, da un aumento di anidride carbonica atmosferica a causa dell’effetto opposto e cioè un riscaldamento dell’atmosfera superficiale e quindi del suolo.
E’ interessante considerare che i 3 miliardi di tonnellate prodotti dall’uomo che si stima rimangano in atmosfera generano ‘solo’ un segnale di 1.6 ppm l’anno; nell’emisfero boreale si ha un’ampiezza di 15 ppm dell’oscillazione stagionale e si può pertanto avere un’idea della quantità di CO2 coinvolta nel ciclo naturale. Il contributo dell’uomo è piccolo in confronto però ha il difetto, da un punto di vista dell’inquinamento ambientale, di essere presente ogni anno e di sommarsi quindi all’immissione degli anni precedenti.
Misure antartiche e misure eseguite durante crociere inter-emisferiche
Da alcuni anni l’ENEA e il CNR conducono misure di CO2 in siti antartici quali Jubany, nella penisola antartica prospicente il continente Americano, e Baia Terra Nova, la base italiana in Antartide.
Queste misure sono molto importanti perché in questi siti le misure sono influenzate solo dalla crescita globale della CO2 a livello planetario, non essendoci fonti naturali di assorbimento o rilascio a meno di un migliaio di chilometri di distanza o più.
L’esame delle misure effettuate a Jubany (11, 12, 13) evidenzia una riduzione quasi totale dell’ampiezza del ciclo stagionale e diurno a causa dell’assenza di vegetazione.
Molto interessanti sono pure le misure inter-emisferiche condotte con navi oceanografiche opportunamente attrezzate per la misura in continuo (14, 15); l’interesse sta nel comportamento dell’anidride carbonica legato alla stagione: cambiando emisfero si cambia anche stagione per cui l’andamento della concentrazione si inverte. Per esempio se si parte dall’Europa durante l’autunno-inverno si è in presenza di alte concentrazioni perché la vegetazione non assorbe CO2, ma quando ci si avvicina all’equatore l’elevazione graduale della temperatura permette l’attività vegetativa per cui si assiste ad una riduzione della quantità dell’anidride carbonica fino a quando si arriva nell’emisfero meridionale in cui l’oscillazione stagionale si trova al suo minimo. Misure condotte in crociere inter-emisferiche permettono pertanto di misurare l’intero gradiente di CO2 nel giro di un mese, quindi, da un punto di vista della scala temporale del fenomeno associato, in modo quasi istantaneo.
Conclusioni
Attualmente in Italia sono attive 3 stazioni di misura della CO2 (Plateau Rosà (CESI), M.Cimone (S.M.I.) e Lampedusa (ENEA)(16)). Una stazione di misura presso Baia Terra Nova, che finora ha prodotto dati in modo discontinuo durante l’estate antartica, dovrebbe essere affiancata da un’altra stazione italo-francese presso Dome Charly e dovrebbe permettere la misura di dati in continuo e per tutta la durata dell’anno. Il S.M.I. è stato coinvolto nella gestione delle misure e delle procedure in una collaborazione scientifica con il CNR. Questa attività è culminata nella partecipazione di un proprio ufficiale, lo scrivente, all’inizio delle misure presso Baia Terra Nova. Si auspica che le conoscenze fin qui acquisite da parte del S.M.I. in tale ambito permettano, attraverso collaborazioni con i vari Enti, il miglioramento della misura e l’acquisizione di nuove conoscenze sulla distribuzione di CO2 nell’area Mediterranea e Antartica.
Figure
Fig. 1 a) Concentrazione dell’anidride carbonica atmosferica a M. Cimone, medie mensili (linea continua blu) e andamento destagionalizzato (linea verde).
Bibliografia
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http://www.studiofgm.com/iaq.html
V.Cundari, T.Colombo, G.Papini and G.Benedicti. Recent improvements on atmospheric CO2 measurements at Mt.Cimone observatory, Italy. Il Nuovo Cimento Vol 13 C, N5.1990.
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P. Bonasoni, T. Colombo, R. Lenaz, G. Tesi, F. Evangelisti, G. Giovanelli, F. Ravegnani, R. Santaguida. Effect of Saharan dust transport on ozone and carbon dioxide concentration. In “The impact of African Dust Accross the Mediterranean”, Envir. Sci. And Technol. Lib. Kluwer Academic Publ., pp 313-322, 1996.
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P.Bonasoni, F. Evangelisti, G. Giovanelli, F. Calzolari, T. Colombo, R. Santaguida, O. Tubertini, M.G. Bettoli, L. Tositti, G. Tesi, E. Corazza. Mt. Cimone Observatory: Baseline Station for the Measurement of Gaseous Substances and Radioactive Tracers in the Atmosphere. Journal of Environmental Pathology, Toxicology and Oncology vol. 16, N°2&3, 1997.
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WMO Expert meeting Boulder 6-11 luglio 1995. A new CO2 continuous monitoring station in Antarctica: Jubany (South Shetland). L. Ciattaglia, A. Guerrini, and T.Colombo.
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C. Ori, G. Giovanelli, R. Lenaz, T. Colombo. Atmospheric CO2 concentration measured continuously from the Mediterranean to the Bellingshausen sea: technology and methodology.Conference Proceedings-6° Workshop Italian Research on Antarctic Atmosphere. Firenze, 6-8 November 1995. Vol 51.
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L.Ciattaglia, A.Guerrini, CNR-IFA Rome, T.Colombo,R.Santaguida, Italian Met Service, ENEA Amb.Clim. Rome. Behaviour of the atmospheric CO2 and Methane concentrations in 2 italian stations representing different type of biosphere: M.Cimone and Lampedusa. Poster n° 650 IUGG-IAMAS-MJS6, Boulder , 2-4 July 1995. Atmospheric CO2: breathing of the Earth. Poster n°650.
Cambiamenti Climatici
Lavoro da oltre 25 anni presso il Servizio Meteorologico occupandomi di CO2 e di clima. Vorrei illustrare alcuni avvenimenti climatici che hanno influenzato il Clima terrestre. L'eruzione del Pinatubo, giugno 1991 ha prodotto scarsi effetti sulla temperatura ma ha determinato nel 1992 un’inversione di tendenza della concentrazione della CO2 atmosferica, passando da 1.6 ppmv/anno a -0.1 ppmv/anno. L'unico vulcano che ha eruttato in modo esplosivo negli anni '80 è stato El Chichon nel 1982. La riduzione di temperatura registrata tra la metà degli anni '70 e la metà degli anni ’80 è attribuita (Kump, L. R., Kasten, J. F. and Crane, R. G.. The Earth System. Pearson Prentice Hall 2004, Second Edition) all'aumento della concentrazione di SO2 in atmosfera a causa dell’utilizzo di combustibili ad alto contenuto di zolfo, responsabile della riflessione nello spazio della radiazione solare. Numerose sono le retroazioni presenti nel complesso sistema climatico che concorrono a renderlo di tipo caotico e dotato di due stati più probabili, caldo e freddo. La teoria di Milankovitch spiega le variazioni del clima passato e pertanto tutte le variazioni dei gas serra e della temperatura svelati dal carotaggio di Vostok. Il meccanismo di aumento dei gas serra in atmosfera è pilotato nel mare dal prodotto di solubilità che diminuisce con l’aumento della temperatura (viene liberata CO2 dal mare) e nella terra emersa, particolarmente estesa nell’emisfero boreale, in cui l’aumento di temperatura permette ai batteri di scomporre le sostanze organiche e generare CO2 dalla superficie del suolo libero dai ghiacci e dalla neve. Il meccanismo di desertificazione del quale si parla in associazione all'"Effetto Serra" è proprio quello di distruzione da parte dei batteri delle sostanze organiche presenti nel terreno fino alla loro totale scomparsa, causata dall'aumento della temperatura. La pubblicazione con le opinioni più accreditate sul clima è senz'altro Climate Change 2001 che si può reperire nel sito http://www.ipcc.ch/. La riserva di CO2 più consistente attualmente non è nota, ma alla NOAA è stato creato un sistema di confronto (GlobalView) delle misure di CO2 mondiali proprio per scoprire quali sono e dove sono situati i maggiori "pozzi" e "sorgenti" di CO2 se nel mare e/o nel suolo. Le misure di concentrazioni isotopiche 13C e 12C stanno chiarendo il problema in quanto la CO2 emessa dalle piante è “marcata” infatti da quando la CO2 atmosferica è incominciata ad aumentare, è incominciato a diminuire il rapporto 13C/12C perchè i combustibili fossili contengono una minore quantità dell’isotopo 13C.
Non è possibile generare una curva che interpoli ed estrapoli i dati di CO2 perché essa avrebbe una validità nel futuro in assenza di mutamenti, ma sarebbe sufficiente che una nazione in via di sviluppo iniziasse a “crescere” da un punto di vista industriale che la proiezione fallirebbe.
L’influenza antropogenica sul cambiamento climatico secondo me è profonda in quanto nel passato venivano scambiate enormi quantità di carbone equivalente, ma in modo ciclico, stagionale, facendo partire sempre il ciclo con la stessa intensità; è illuminante a questo proposito osservare l’andamento della CO2 misurata in una stazione dell’emisfero boreale, in cui l’ampiezza dell’oscillazione è dell’ordine di 12-15 ppmv; in confronto l’aumento antropogenico è circa un decimo, ma attualmente è costante ed in crescita. Recentemente sono state elaborate misure della temperatura dei bacini oceanici e confrontate con la modellizzazione della possibile influenza antropogenica, solare o naturale, il confronto porta a ritenere che il responsabile più probabile sia proprio l’attività umana. I risultati di tale influenza sono già visibili non tanto per l’incremento di temperatura, pure consistente soprattutto negli ultimi 20 anni, ma nell’intensificazione dei fenomeni atmosferici: assistiamo a precipitazioni più intense del passato negli ultimi 10 anni rispetto ai 30 precedenti, il riferimento climatico 1961-’90, nel bacino del Mediterraneo mentre la precipitazione assoluta non è aumentata; da un recente studio su Science in cui si analizzano gli uragani degli ultimi 30 anni emerge il fatto che essi sono diminuiti in numero, ma l’intensità è quasi raddoppiata.
P.S. Le concentrazioni di CO2 paleoclimatiche raggiungono come massimo il valore all’inizio dell’era industriale (280 ppmv).
Estate 2003: l’Europa ha emesso ½ miliardo di tonnellate di CO2; l’Inghilterra ha prodotto nel 2003, 150 milioni di tonnellate di carbonio equivalente, mentre nei quattro anni precedenti l’ecosistema della stessa area geografica ha assorbito 125 milioni di tonnellate/anno.
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